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Che fine ha fatto lo spirito critico?
Lo spirito critico sembra diventato solo una risorsa tattica, una competenza tra le altre, quasi semplicemente una forma di “grammatica dell’indignazione. “Disvelare”: ecco il mantra, ciò che sembra diventato un compito sacro per noi moderni. Rivelare, cioè, sotto le false coscienze i veri calcoli o sotto i falsi calcoli i veri interessi. Ma, è tutto qui? La critica sarebbe solo una grammatica dell’indignazione? E, in effetti, chi oggi non ha sempre un filo di bava alla bocca per questa rabbia?, si chiede Bruno Latour (Non siamo mai stati moderni). Abbiamo forse rifiutato vecchie gerarchie sacerdotali e antiche “rivelazioni”, solo per acclamare nuovi e improvvisati “rivelatori”? Come non dare ragione a…
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Come il baule di Newton
Alcuni miti arcaici delle origini hanno un tratto molto peculiare. Infatti fanno risiedere l’ingresso della morte nell’esistenza dell’uomo, in un “errore” originario, una “caduta”, un “peccato originale”, per così dire. Ma ciò che è più interessante e sorprendente è che quell’errore originario è visto in quei racconti mitici come tragico e comico al tempo stesso! Infatti, essi sostengono, all’uomo era stato concesso dal dio supremo una possibilità di scegliere la vita, ma egli se la giocò stupidamente, e ottenne per suo destino la morte”(Geo Widengren, Fenomenologia della religione). Dovrebbe bastare questo per spingerci ad uscire dalla presunzione “moderna” di poter fare a meno di ciò che è antico o “primitivo”;…
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La battaglia dell'immaginario
Noi pensiamo con il corpo. Non siamo una “res cogitans” ma un corpo pensante: il nostro pensiero è sempre “pensiero incarnato”, perciò anche necessariamente “situato”. Anche per questo immagini, simboli ed archetipi, accompagnano sempre e determinano spesso – non soltanto nel suo sorgere come nel pensiero infantile o in quello “primitivo” – il nostro modo di pensare e le nostre costruzioni concettuali. E alimentano così sentimenti, emozioni, desideri, bisogni. Anche i concetti più “astratti” implicano in forme varie un non-detto, fatto di immagini, metafore e simboli, spesso silenti e inconsapevoli. Non credo che occorra scomodare Hans Blumenberg per comprendere che ogni pensiero o teoria, anche scientifica o matematica, è…
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Vivere nell'interregno
Dissacrare tutto non ha molto senso, oggi. È da assolutisti disperati. Privi dell’ironia necessaria per attraversare i tempi e le stagioni della vita. È l’atteggiamento di chi pensa che non ci sia più nulla degno di fiducia. E vorrebbe quasi che tutto andasse in frantumi o saltasse per aria, insieme a lui. Dissacrare tutto sembra però una forma di sport o una moda attuale, molto in voga, che si manifesta spesso con parole intimamente distruttive e violente. Parole che inquinano gli animi e la vita stessa, più di quanto può accadere in una qualsiasi “terra dei fuochi”. Parole che incrinano le fragili ma insostituibili basi simboliche del vivere comune. Si…
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Il caso serio del linguaggio
Cosa rischiamo nel passaggio dal “politichese” a un tipo di gergo che si potrebbe chiamare “populese”? Infatti il progressivo impoverimento linguistico che riguarda sia la comunicazione privata che quella pubblica sta diventando davvero una questione urgente. Lasciatemi condividere, a tale proposito, un’esperienza che penso facciate anche molti di voi. Una volta, qualche decennio fa, quando ci si sedeva nel salone di un barbiere, o ai tavolini di un bar (o in altri posti simili), sembrava relativamente facile, ascoltando le “quattro chiacchiere” che si fanno di solito in quel tipo di locali per passare il tempo, indovinare, dal modo di parlare, dai vocaboli usati o dal tono dell’argomentare, chi ci si…