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La banalità del senso
Ci sono attimi della nostra vita, nei quali avvertiamo, pur se in modo vago, che il senso del nostro vivere è associato a luoghi, oggetti, odori, sguardi, sapori, considerati di norma insignificanti, perché troppo “ordinari” o addirittura “banali”. E, tuttavia, essi favoriscono l’emergere di significatività che, come lampi o visioni improvvise, investono i diversi ambiti e momenti della nostra esistenza. E dobbiamo riconoscere che proprio in quei momenti capiamo che la nostra vita non sarebbe la “nostra” vita, senza quei luoghi, quei posti, quegli oggetti, quei frammenti, che – tra l’altro – non ci chiedono mai niente, in cambio delle esperienze che ci offrono. In realtà, pure se appaiono del tutto…
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L’ordine del desiderio
Che succede se il desiderio non è più solo “desiderio” ma “norma“? Se non è più ciò che deve essere gestito dalla ragione, o dal Sé della psicoanalisi; ma una “pratica” che ha valore positivo in se stessa, si può ancora parlare di desiderio? O non capita, piuttosto, che l’apologia dell’individuo che desidera porti alla diffusione di un’altra, paradossale, forma di sistema normativo, verso un vero e proprio “ordine del desiderio”, questo sì davvero paradossale? Si parla di valore ma in realtà si fabbrica la norma, come nota Olivier Roy. Infatti, se il desiderio è prevalentemente norma, allora desiderare diventa solo comportamento, principio che spinge all’azione, verso una “pratica” di…
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La vita schiacciata sul proprio opposto.
Diciamoci la verità. Il nostro problema oggi è che non siamo più capaci di confrontarci né con il negativo, né con la differenza, se non nei termini di una semantica e una logica di potenziale annientamento. Oggi, “la questione“, non solo politica ma culturale, è tutta qui: il prevalere di un approccio “militare” ai problemi del “negativo”, della “differenza” e alla fine della relazione con l’ “altro”. Ne abbiamo avuto una drammatica e sorprendente conferma anche durante le vicende della pandemia, quando anche gli scienziati, schierati con le loro truppe cammellate, in vari modi, hanno dimostrato, secondo una tesi da tempo enunciata da Norbert Elias, che anche la scienza, alla…
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Il confine sottile tra divulgazione e fake news
La divulgazione culturale non esiste più, o, quando c’è, sembra quasi sempre il regno dell’incompetenza e dell’approssimazione. D’altra parte, c’è poco da stupirsi, perché lo stato pietoso della divulgazione scientifica, e culturale in genere, è un chiaro segnale del cattivo stato dell’informazione, la grande malata di oggi. Non credo sia lontano dal vero perciò ritenere che il degrado della divulgazione è una delle principali ragioni della diffusione delle fake news e del regime di post-verità, che di quella diffusione è per così dire l‘istituzionalizzazione. Dovremmo forse dire che la situazione in cui ci troviamo rappresenti, in un certo modo, addirittura il fallimento del progetto “illuministico”? O, come sostiene Peter Sloterdijk, dobbiamo…
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La cultura non é un arsenale, la cultura é un orizzonte
La cultura non gode di buona salute, oggi. Crescono gli ambienti malsani per la cultura anche in ambiti dove essa dovrebbe sentirsi a casa, come centri politici, settori accademici, gruppi rilevanti delle chiese, organi di informazione, agenzie educative, e addirittura anche settori scientifici, come abbiamo tutti potuto verificare in occasione della pandemia in corso. Dove si sono imposti tanti soggetti chiaramente interessati alla propria autoconservazione più che alla crescita culturale. E tuttavia sappiamo che la cultura è la nostra natura. Noi cresciamo con essa. Naturalmente, come tutto ciò che è umano, anche la cultura è instabile, fluttuante, ed evolve, da sempre. Tutte le componenti delle culture si trasformano, a volte si reinterpretano…