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Quelle voci dagli abissi del passato
Le notizie relative alla distruzione delle tracce del passato remoto dell’umanità, di cui si è sentito parlare in questi giorni e nei mesi scorsi, danno senz’altro da pensare. Certo, quel furore iconoclasta e quella mania distruttrice del patrimonio culturale e storico – un “genocidio culturale“, come lo ha definito Ban Ki-moon – è l’espressione del tentativo di annientare l’identità di minoranze religiose, culturali o nazionali. Ma non è solo questo. E neppure si tratta solo del bisogno di dimostrare e imporre la propria forza e il proprio potere sui territori conquistati. Nè solo della necessità di richiamare su di sè l’attenzione dei media e del mondo con atti sicuramente eclatanti…
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Rovine, archeologi e l'arte del custodire
Ahimè, non dovremmo domandarci, una buona volta, come mai siamo cosìincuriositi, cosìrispettosi, cosìattenti a non fare danni, così carichi di domande e di attese, verso i ruderie le rovine, verso le tracce delle devastazioni del tempo e della storia su edifici e monumenti, mentre, invece siamo tanto incapaci di com-prensione, di rispetto e di com-passione verso i segni e gli sfregiche le devastazioni della vita, i crolli etici e gli smottamenti della personalità, producono sui volti e sulla prassi degli umani? Come mai siamo così impegnati a custodire ruderi e tracce materiali, spinti, da un lato, dalla riverenza per quello che fu e, dall’altro, dal desiderio e dalla speranza di poter…