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Non è una questione di principio, è il piccolo Davide aggredito da Golia
Contra factum non est argumentum, dicevano i logici antichi. In effetti è vero, ci sono alcuni fatti ai quali si deve rispondere solo con altri fatti. Non bastano le dichiarazioni di principio, né l’ostinata ricerca di ipotetiche ragioni. In certi momenti della storia, momenti così “affilati” da lasciare cicatrici (R Calasso), la sola proclamazione di valori e di principi, corre il rischio di diventare un astratto esercizio retorico e una inutile esternazione, se non si indica la strada attraverso cui quei valori possono farsi storia e tradursi in scelte concrete e immediate. Anzi, in alcuni casi, le pure dichiarazioni equivalgono solo a un girarsi dall’altra parte. E tuttavia ci sono…
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Che ne è degli intellettuali?
“L’intelligenza, questa agilità dello spirito atta a far credere che egli ne sappia più di quanto non sa, non fa l’intellettuale”. E, allora, chi sono gli intellettuali? Chi merita di esserlo? E quando lo si diventa? E ancora, chi e perché si sente screditato se gli si dice che lo è? Sono le domande che Maurice Blanchot si pone all’inizio del prezioso saggio La questione degli intellettuali. Abbozzo di una riflessione, Mimesis ed. Credo che una rilettura delle pagine di un pensatore-narratore, solitario e originale, possa essere molto utile oggi, mentre viviamo una crisi che è innanzi tutto crisi culturale. E, allora, che ne è dell’intellettuale, in questo drammatico momento…
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Da dove vengono i tuoi pensieri?
“Prima o poi cominciamo a scegliere e a inventarci l’io che vogliamo“. In questa frase di Mary McCarthy, mi pare importante il termine “inventarci“. Al quale non darei il senso usuale di “scoprire” o “progettare” se stessi. Ma, piuttosto, il significato di: fingersi, raccontarsi, immaginarsi qualcosa che sta solo nella propria mente, esattamente nel senso di una “fiction”. Ecco, se è vero che noi umani siamo, tutti, storytellers, narratori di storie, lo siamo prima di tutto a proposito di noi stessi, e del nostro “io”. Allora, senza la pretesa di interpretare il pensiero della grande scrittrice americana del 900, forse quella frase andrebbe letta così: noi umani, appena possibile cominciamo…
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Mezzo secondo prima della coscienza
“C’è il pensiero, ma prima c’è l’impensato (unthought): una modalità d’interazione con il mondo,…che sfugge sistematicamente ai riflessi troppo lenti della coscienza“. È ciò che pensa N.Katherine Hayles, riferendosi anche alle recenti scoperte neuroscientifiche che confermano l’esistenza di processi cognitivi nonconsci, e tuttavia “essenziali per il funzionamento della coscienza”. Il suo libro, originale e innovativo nella sua struttura, tradotto in italiano da effequ editore, con il titolo L’impensato. Teoria della cognizione naturale, pone questioni che chiunque abbia a cuore gli studi umanistici (arte, letteratura, filosofia, studi religiosi, storiografia, ecc.), non può non affrontare con serietà. Purtroppo, ha ragione l’autrice, proprio quelle questioni sono quasi sconosciute in ambito umanistico, anche se…
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Che fine ha fatto lo spirito critico?
Lo spirito critico sembra diventato solo una risorsa tattica, una competenza tra le altre, quasi semplicemente una forma di “grammatica dell’indignazione. “Disvelare”: ecco il mantra, ciò che sembra diventato un compito sacro per noi moderni. Rivelare, cioè, sotto le false coscienze i veri calcoli o sotto i falsi calcoli i veri interessi. Ma, è tutto qui? La critica sarebbe solo una grammatica dell’indignazione? E, in effetti, chi oggi non ha sempre un filo di bava alla bocca per questa rabbia?, si chiede Bruno Latour (Non siamo mai stati moderni). Abbiamo forse rifiutato vecchie gerarchie sacerdotali e antiche “rivelazioni”, solo per acclamare nuovi e improvvisati “rivelatori”? Come non dare ragione a…