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  • L’ordine del desiderio

    Che succede se il desiderio non è più solo “desiderio” ma “norma“? Se non è più ciò che deve essere gestito dalla ragione, o dal Sé della psicoanalisi; ma una “pratica” che ha valore positivo in se stessa, si può ancora parlare di desiderio? O non capita, piuttosto, che l’apologia dell’individuo che desidera porti alla diffusione di un’altra, paradossale, forma di sistema normativo, verso un vero e proprio “ordine del desiderio”, questo sì davvero paradossale? Si parla di valore ma in realtà si fabbrica la norma, come nota Olivier Roy. Infatti, se il desiderio è prevalentemente norma, allora desiderare diventa solo comportamento, principio che spinge all’azione, verso una “pratica” di…

  • L’eredità dei padri

    Antifascismo è fare la guardia alla libertà, alla libertà degli individui e a quella dei popoli. Ho capito davvero cosa può significare essere antifascisti, non solo attraverso i miei studi di storia, ma soprattutto quando mio padre, di solito non prodigo di confidenze, mi raccontò, senza apparente motivo, che era stato membro del CLN locale, aveva anche preso la tessera del partito comunista, e che aveva restituito quella tessera allorché, dopo l’invasione dell’Ungheria nel 1956 da parte della dittatura russo-sovietica e il soffocamento nel sangue del desiderio di libertà di quel popolo, il movimento comunista, con poche eccezioni, aveva voltato la faccia dall’altra parte. Allora, non ero ancora trentenne, non…

  • In principio fu il disagio

    Cosa perdiamo quando guardiamo un film e badiamo prima di tutto al “significato”, preoccupandoci di tradurre in linguaggio logico e coerente il flusso delle immagini, invece di lasciare ad esse l’iniziativa e farci guidare dalle loro suggestioni? Cosa perdiamo quando davanti a un quadro cerchiamo i testi e i concetti di cui quelle immagini sarebbero la visualizzazione, invece di farci provocare dal gioco di quelle forme e quei colori, che precedono testi e  concetti? E soprattutto quanto perdiamo se nell’ascoltare un esecuzione musicale ci lasciamo sequestrare dalle parole, invece di consentire alle note di accompagnarci nel territorio dell’indicibile? Cosa perdiamo se la musica diventa solo “parole in musica”? Vi siete mai fatte queste domande? Io mi sono fatto spesso questo…

  • Giordano Bruno, l’infinito e la libertà

    La realtà non è che ripetizione, perciò abbiamo bisogno uno “sguardo” diverso, che non si fermi alle “figure” ma scopra le cose e ia realtà come “immagini“. Abbiamo bisogno di “leggere il reale alla rovescia“(Proust) e, per così dire, dal punto di vista dell’infinito. La perenne lezione di Giordano Bruno è tutta qui. L’avvertimento con cui Paul Valéry aprì il suo primo corso al Collège de France potrebbe descrivere bene l’approccio di Bruno alla conoscenza e alla vita stessa. “Vi ricordo che lo scopo di questo corso non è insegnare, ma risvegliare – non rendere alcune cose più facili, ma al contrario più difficili davanti a voi – non risolvere…

  • Parliamo tutti sotto dettatura?

     È vero, “il linguaggio non va preso troppo alla lettera” (W. Heisenberg). Ma che succede quando si ammala? Che succede quando la malattia del linguaggio diventa “mostruosa” e si diffonde con la velocità delle pandemie? Che succede quando il linguaggio “si è talmente autonomizzato da diventare una forza a sé, che ci trascina dove non vogliamo veramente andare”, invece di fungere da docile strumento delle nostre intenzioni, come scrive Rocco Ronchi sulla scia del giovane Nietzsche (Rocco Ronchi, La malattia mostruosa, in Uwe Pörksen, Parole di plastica, Textus))? In realtà, nota il linguista Uwe Pörksen nel suo libro ancora attuale e prezioso, una piccola serie di parole o termini in apparenza…