La difficoltà di essere umani
Durante la nostra vita, ci sono momenti – occasioni – in cui ci sentiamo chiamati a scelte nuove e urgenti, relative al nostro poter-essere e al nostro poter-divenire.
Si tratta di occasioni e decisivi appuntamenti con la vita, che troppo spesso diventano, per gli individui e per le comunità, fardello delle “occasioni mancate“.
Purtroppo, sappiamo, scrive Jean-Luc Nancy, che, anche se possiamo in parte cambiare ciò che chiamiamo futuro, non ci è mai concesso di cambiare il passato, così come del resto, non siamo in grado di modificare il nostro reale “avvenire“. Una dura lezione che, ogni tanto, il tempo e la storia ci impongono, e che, anche in questi ultimi tempi, stiamo imparando a nostre spese!
Tuttavia, potremmo, forse, tentare di relazionarci – ancora – con quei momenti “passati”, se non altro per accettarli.
Coscienti, però, che, come non ci è stato concesso, prima, molto tempo per decidere, così non ne avremo mai molto, neppure per tentare di accettarli.
Come racconta Toshikazu Kawaguchi, anche per accettare alcuni nostri momenti passati, e ritrovare in parte noi stessi, di tempo ne avremo sempre solo “finché il caffè è caldo”, come recita il titolo del suo toccante romanzo..
Ed è affascinante oltre che illuminante, seguire l’autore nella narrazione dei drammi e dei misteri delle relazioni umane, attraverso la mediazione di uno sguardo benevolente su miserie e piccole gioie dell’esistenza. Cosī come è incantevole l’utilizzo del rito del caffė, quasi sacralizzato alla maniera giapponese, per far emergere la magia nascosta in certi momenti, in certi luoghi, in certi oggetti, in certe fantasie ed emozioni, le più ordinarie della vita.
Quindi, via, finché il caffè è caldo! E, però, quei tempi limitati in cui potremmo tentare di accettare, rivivendole, le occasioni mancate sono momenti speciali e magici, per così dire, Momenti che la vita a volte ci dona. Essi sono quell’avvenire che, come diceva Nancy, non possiamo cambiare, ma neppure provocare.
Diversamente dal “futuro” che possiamo provare a modificare, in parte, essi sono momenti – quasi epifanie – che possiamo solo “attendere“, con desiderio e disponibilità, come racconta la storia surreale narrata da Toshikazu Kawaguchi.
Il passato infatti è qualcosa che può essere solo accettato e, per questo, per-donato. Esso può essere ripercorso senza che lo stato presente delle cose, prodotto da quel passato, possa essere modificato. Il passato può essere solo raccontato, magari ripercorso nel racconto di un altro, può essere solo, perciò, per-donato, donato un’altra volta.
Accettato e donato, di nuovo, a se stessi e agli altri. Perché la verità è che solo nella dinamica delle relazioni interpersonali noi produciamo e dischiudiamo il luogo e gli spazi in cui impariamo a essere noi stessi (Peter Sloterdijk).
E se abbiamo mancato una volta quelle occasioni, potremmo aver perso noi stessi. Perché il passato non può essere cambiato.
Possiamo solo – se ce ne è offerta l’occasione dalla vita (dall’avvenire) – accettare quel passato. Qui è il significato antropologico del donarlo di nuovo a noi stessi e agli altri; qui è il senso del per-donare, a noi stessi e agli altri con noi.
Ma per questo occorre liberarsi da due tipi di hybris, ambedue disastrosi, ed entrambi effetto di un rapporto precario, di noi umani, con il tempo: il delirio di onnipotenza, cioè la pretesa di dover rifare il mondo dalle fondamenta, e l’ossessione della colpa, cioè la convinzione di essere responsabili di tutti i mali del mondo.
Noi, in realtà, possiamo solo dire grazie al passato, se ce ne viene data l’occasione.
Probabilmente è proprio questo il punto: il sì definitivo e totale alla vita, così come è “avvenuta”.
Quel sì può aiutarci a intravvedere – come in una visione – come avrebbe potuto essere, come potrebbe essere la nostra vita, pur se questo non cambierà tuttavia il nostro presente, determinato da quel passato.
Forse però ci aiuterà a cambiare qualcosa del nostro futuro e soprattutto ci disporrà all’accoglienza dell’indecifrabile e imprevedibile avvenire.
Ecco noi forse siamo questo!
Questo difficile “divenire umani”!