Sanificare la democrazia
Una questione sicuramente decisiva, nel nostro mondo in rapida trasformazione, riguarda la necessità di ripensare i limiti all’esercizio del potere. Perciò, se c’è un compito prioritario, oggi, per il futuro della democrazia, è l’urgenza di limitare e monitorare più attentamente il potere e i poteri.
Arrivano infatti troppi segnali relativi al fatto che, sul piano dell’esercizio del potere politico, (ma anche economico, mediatico, ecc.), qualcosa, nelle società democratiche avanzate non funziona più bene.
Arrivano chiari segnali che i tradizionali meccanismi per il controllo dei “controllori” non sono più sufficienti.
Quegli strumenti erano stati pensati per rendere impossibili forme di governo autoritario o totalitario. Ma, come difendere la democrazia, oggi, quando sono disponibili tecniche e modalità molto più subdole, raffinate ed efficaci per imporre sui cittadini, e sulle istituzioni democratiche, un controllo più o meno capillare, pur senza arrivare allo stato autoritario? E pur mantenendo formalmente i tradizionali meccanismi del “bilanciamento” dei poteri?
Che fare, quando si assiste in varie parti del mondo e particolarmente nei paesi formalmente democratici, all’emergere di spinte sempre più frequenti, e criptiche, verso lo “stato di eccezione permanente”, finalizzate a un esercizio del potere non trasparente, sganciato dai “normali ” controlli, e quasi del tutto autoreferenziale?
E, che fare, quando in situazioni di gravi crisi, come nel caso di una pandemia, i cittadini sono indotti dalla paura ad affidare ai loro governanti modalità di esercizio del potere, inusuali, quasi personali e al di fuori di qualunque autentico controllo? Come ha scritto di recente Giandomenico Caiazza, Presidente delle Camere Penali italiane, il ricatto dell’emergenza pandemica, con l’annessa pretesa di sospensione dell’obiezione e del dibattito politico, può diventare un autentico pericolo per la democrazia.
Che fare, quindi, quando popoli e cittadini, angosciati dal panico e dalla paura, magari sapientemente somministrati con le moderne tecnologie informatiche, sono inclini ad accettare, come normali, modifiche sostanziali delle regole democratiche?
Che fare, quando nei contesti suddetti, un purulento intreccio tra le esigenze del “sourcing” giornalistico (= il bisogno di essere accreditati e reperire notizie presso politici, governanti o potenti in genere), e le “veline” istituzionali, non consente ai cittadini una informazione corretta?
Mentre sarebbe necessario rendere invece possibili ai cittadini una influenza e un controllo reale non su finte questioni ma sull’ordine del giorno effettivo del governo.
È adesso, perciò, il tempo di recuperare il senso più profondo e specifico della democrazia, che emise i primi deboli vagiti in Grecia, quando i gruppi aristocratici, detentori di tutto il potere, accettarono di limitare il loro potere a favore di una parte del demos.
Ecco, è questa limitazione del potere che costituisce il nucleo e il senso originario della democrazia. Ciò da cui tutto è partito.
È questo che occorrerebbe recuperare, ripensare e attualizzare nei nuovi contesti delle società avanzate attuali. Approntando strumenti nuovi e più efficaci, in grado di prevenire disarticolazioni dei meccanismi democratici, messe in atto magari dagli stessi responsabili del governo democratico, con i raffinati strumenti tecnologici oggi a disposizione (ad es., vedi quanto operato dal presidente Trump in USA, a cominciare da quasi un anno prima delle elezioni, fino all’inaudito assalto a Capitol Hill).
Solo se viene assicurato, mantenuto e rafforzato quel limite dell’esercizio del potere che rese possibili i primi passi della democrazia in Grecia, le altre implicazioni della democrazia, primato della legge, libertà, uguaglianza o partecipazione, potranno essere garantite e difese.
“Il problema oggi, sosteneva Robert Dahl, è come rivitalizzare la speranza che l’antica visione, ormai vecchia di 25 secoli, del popolo che si autogoverna mediante il processo democratico e che possiede tutte le risorse e le istituzioni necessarie per reggersi con saggezza, possa essere riadattata, ancora una volta, ad un mondo sempre più diverso da quello in cui una tale visione delle cose venne messa in pratica per la prima volta”.
Le crisi e le tragedie della vita spingono sovente a cercare scorciatoie e ad affidarsi, senza obiettare, a quelli che hanno il potere, come fossero salvatori, rinunciando al controllo di quei poteri.
D’altra parte quelli che esercitano il potere sono ben lieti di assumere quella funzione “paternalistica”, che consente loro di governare senza essere disturbati e con il consenso della gente.
Tuttavia, democrazia è fondamentalmente limite al potere: se viene meno questo criterio si corre davvero il rischio di perdere tutto.
Karl Popper insisteva sul fatto che la democrazia non può compiutamente caratterizzarsi solo come diritto di voto e governo della maggioranza, Anche una maggioranza infatti può essere tirannica.
Ecco perché i poteri dei governanti devono essere limitati, con modalità nuove: è questo il criterio della democrazia. Anche in politica, come nella scienza, egli pensava, la questione cruciale è quella della controllabilità.