Stiamo vivendo un momento "storico"?
Non sappiamo se stiamo vivendo un momento “storico”, in questo tempo di pandemia.
Non sappiamo cioè se stiamo vivendo uno di quei momenti che lasciano tracce, trasformazioni e conseguenze durature, nella vita delle società. Oppure se questo nostro momento è destinato a rimanere solo nell’ambito delle “cronache”.
Sappiamo che alcuni “traumi” della storia passata, alcune violenti “scosse”, hanno spesso accelerato processi che altrimenti si sarebbero sviluppati “in background” e sarebbero rimasti quasi invisibili, come la gran parte dei processi storici, espressione di quella “longue durée”, di cui hanno cominciato a parlare i ricercatori del gruppo delle Annales.
Ma come decifrare i processi “storici”? Il problema deriva dal fatto che, nel momento in cui si avvia un processo “storico”, in genere, non siamo in grado di riconoscerlo. Perché siamo parte di esso, perché ci manca la prospettiva, ci mancano dati, e non riusciamo ad individuare tutte le variabili in gioco. Da questo punto di vista il nostro rapporto con la storia è simile a quello che l’umanità ha avuto per millenni con i fenomeni astronomici. Così come è accaduto che non ci si è accorti per lungo tempo che eravamo su un pianeta in movimento, in “rotazione” e “rivoluzione” continue, altrettanto succede che, per lo più, quando crediamo di “fare” la storia, non ci accorgiamo davvero di “quale” storia stiamo facendo.
Quasi sempre lo capiamo dopo, o molto dopo, perché siamo come la “nottola di Minerva”, di cui parlava Hegel, che si leva in volo solo al tramonto, ciò dopo che il “processo” si è concluso!
Ecco perché è bene non avere fretta nel tentativo di definire e caratterizzare il momento storico che stiamo attraversando, per evitare il rischio di proiettare nelle nostre definizioni le nostre paure o i nostri desideri.
Del resto questa nostra vicenda attuale, che nasce come un trauma sanitario, non è ancora del tutto chiarita, né nelle sue origini, né nella sua natura, né nei suoi sviluppi possibili, siano essi sanitari o extrasanitari!
Il che non significa smettere di osservare e analizzare con attenzione quello che accade, il modo in cui viene percepito e gestito, o le possibili e prevedibili conseguenze, per “tentare” un discernimento. Anche se, di fronte a ciò che oggi ci accade, emerge “una mancanza di consenso inusuale nella scienza moderna”(Pietro Ghezzi), fenomeno che probabilmente lascerà una traccia profonda nella nostra percezione della scienza stessa.
Perciò, presumere, adesso, di riconoscere nel nostro “oggi”, una di quelle “soglie invisibili”, non numerose, che, scrive Calasso, dividono la storia in un “prima” e un “dopo”, sarebbe davvero fuori luogo. Infatti, sono molti gli esempi, a partire dalla recente grave crisi finanziaria del 2008, e andando indietro nella storia verso eventi di varia natura, che testimoniano la nostra incapacità di prevedere lo sviluppo delle cose, quando si è trattato di questioni davvero importanti e decisive per l’umanità.
Forse una delle questioni poste da ciò che sperimentiamo in questi tempi difficili e che bisognerà prima o poi affrontare, ha a che fare anche con la necessità di rivedere molti nostri modelli epistemologici.
Tuttavia sì, ci sono stati nel passato, momenti, alcuni davvero catastrofici, altri simili al nostro, o anche altri che sembravano insignificanti, che hanno cambiato il corso della storia. In modo del tutto imprevisto, all’inizio, e che solo con il passare del tempo, sono apparsi “soglie invisibili” che hanno diviso la storia in un prima e un dopo.
Tra gli eventi simili al nostro, – anche se come sanno gli scienziati “simile” non significa “uguale” – sorti come emergenza sanitaria, c’è sicuramente la pandemia di “peste nera” del trecento.
Quella sì, fu una catastrofe sanitaria che è diventata una “soglia invisibile” della storia del mondo, su cui ancora oggi sarebbe utile riflettere per analizzarne vari aspetti che potrebbero avere ancora qualcosa da dirci. Poiché, secondo le tesi di Peter Sloterdijk che richiama quelle di Egon Friedell e altri storici delle idee, nella “peste nera” del 1348 sono da collocare le origini della moderna civiltà europea. Quella pandemia è stata come “un diluvio universale batteriologico”. Da lì derivò una “spinta storica mondiale” che fece dell’Europa il centro del mondo. Da lì si originò la “follia” di Colombo, ma anche il rinascimento e la rivoluzione scientifica.
Ebbene, quell’inferno che i popoli europei avevano visto spalancarsi davanti a loro (fu decimato un terzo della popolazione europea!), aprì la strada alla moderna civiltà europea, anche perché costrinse a una “nuova categorizzazione dei fondamenti del vivere”. Gli europei sopravvissuti alla peste, sperimentarono il crollo di tutte le loro speranze e credenze precedenti, e “non poterono fare altro che aggrapparsi a una tipica e nuova accentuazione della vita prima della morte”, e a un “nuovo orientamento sull’esistenza dell’al di qua” (Sloterdijk).
Insomma, in quel caso è intervenuta una forma di discontinuità esistenziale, che ha generato discontinuità nei rapporti sociali, economici, politici, culturali e anche religiosi.
Ecco, se oggi non possiamo presumere di dare un nome a questo nostro tempo, se non sappiamo neppure verso quale orizzonte ci dirigeremo, è certo però che da questo nostro tempo viene sicuramente un appello forte, che, nel silenzio in cui siamo costretti, si avverte in modo ancora più chiaro.
Siamo chiamati cioè a una forma di interruzione, interruzione e ripartenza, interruzione nelle narrazioni, nella prassi, negli approcci alle questioni, negli schemi e nei modelli di pensiero.
Sì, un’interruzione che investa ogni ambito di pensiero e ogni forma di organizzazione, da quelle politiche a quelle economiche, a quelle sociali, a quelle culturali e religiose, e anche a quelle scientifiche.
Non sappiamo verso quali orizzonti ci stiamo avviando, ma una cosa sembra certa: è davvero il momento di “pensare l’impensabile”!
Se è vero, come scrive Peter Sloterdijk, che ormai già da tempo, “una teoria della sfiducia senza precedenti nella storia dello spirito, colora di sé il significato di tutto ciò che finora ha preso il nome di razionalità”.