La politica, tra padri e madri
Forse in tempi di gravi crisi economiche e sociali non servono a molto analisi scientifiche per capire qualcosa dei comportamenti politici. Le analisi hanno bisogno di dati certi da organizzare. Ma in tempi di crisi tutto è fluido, in politica. In tempi di crisi sociali profonde la dimensione emotiva della politica che, come sosteneva già M. Foucault anni fa, precede sempre le scelte razionali, diventa ancora più mobile e indecifrabile. In politica prima, ci troviamo schierati in una posizione, e solo dopo cerchiamo di capire perché, e non sempre riuscendoci.
È un pò come nell’innamoramento: prima ci si innamora e poi si cercano i fattori che potrebbero averci spinti, e spesso tutta una vita non basta per individuarli. Anzi capita che la vita a volte serve solo per capire che non esistevano motivi per amare proprio quella persona.
Non capita qualcosa del genere anche in politica? Quanti “amanti” e “amati” sono stati scoperti e lasciati, e poi di nuovo riscoperti e ancora lasciati, in politica, con una stanca e inconsapevole coazione a ripetere?
Forse è anche per questo, che, in periodi di crisi, le indagini e i sondaggi sociologici fanno sempre cilecca: quelle e questi hanno bisogno di costanti e variabili chiare per poter assumere un carattere scientifico. Ma il campo della politica, che ha a che fare con la dimensione del “potere” e della “relazione” e quindi con quella delle “origini” e della “separazione” dalla natura, è fluido e liquido proprio come il campo dell’amore.
La politica è qualcosa che avviene tra i “corpi” prima che tra lucide menti razionali!
E allora, soprattutto in tempi di crisi profonde, forse, è più utile provare a servirsi della grammatica e della logica dei simboli, invece di pretendere di dare un carattere razionale a comportamenti e a presunti “dati”. Forse è più utile percorrere o ripercorrere i “sentieri dei miti”, per capire cosa succede tra i “corpi” nel dominio del “politico”. Senza la ridicola supponenza di chi ritiene di aver fatto i conti una volta per tutte con il retroterra mitico dell’umanità!
Ebbene i simboli che vi invito a usare come “lenti” della politica, sono quelli di “padre” e di “madre”. Simboli che anche storicamente e non solo antropologicamente sono presenti, in filigrana, in ogni dinamica di potere e di oiko-nomia, in ogni forma di organizzazione sociale, da quelle familiari e di clan a quelle religiose o politiche.
Il “padre-maschio” è sempre stato il simbolo della potenza, della forza, dell’autorità, del guerriero, della protezione, dell’identità: una volta anche a proposito dei rapporti di coppia, si diceva, che pure la donna cercava, nel maschio, soprattutto. pretezione. Non è un caso se anche Dio è stato in genere pensato come “padre-maschio”. E se in quasi tutte le religioni il ruolo predominante è occupato da maschi. E probabilmente questo è uno dei problemi delle religioni tradizionali.
La “madre-donna” ha sempre rappresentato il simbolo della fecondità della vita, della vita che fa nascere e crescere. La madre “cresce” i figli. Il ruolo simbolico della madre è stato sempre quello di creare le condizioni perché i figli potessero crescere, il suo senso è quello di “spingerli” a vivere, a fare la propria strada, e a gioire nel “guardarli” crescere. La madre introduce non solo alla vita, ma al linguaggio e cioè alla possibilità del dialogo e quindi della convivenza politica. La “madre”, se ne analizziamo in profondità la valenza simbolica, o anche se indaghiamo con attenzione la nostra personale esperienza di figli, rappresenta non tanto la protezione e tanto meno la forza, ma simboleggia e rende presente e tangibile, semplicemente, il catattere benevolo della vita per ogni nato. In un linguaggio religioso penso si potrebbe anche dire che la “madre” è l’unico vero segno sperimentabile della presenza del Divino, inteso come la garanzia che ogni vivente è “voluto” e “accompagnato” da una forza benevola e imperitura. Quando questo tipo di esperienza non c’è, in nessun modo, per i motivi più diversi, rimane vulnerabile anche la fiducia (la fede?) in se stessi, negli altri e nella vita!
Non è un caso se in periodi storici di crescita, di sviluppo e di prosperità (individuale o collettiva) si creino quasi sempre le condizioni per il “rifiuto” dei padri: i padri biologici, i padri-autorità, i padri-identità, i padri-appartenenza, i padri-religione-tradizione, (dallo sviluppo delle poleis greche agli anni sessanta del 900, per fare qualche esempio storico veloce: tempi in cui è nata “la democrazia”, cioè, almeno in germe, il prevalere della “relazione tra uguali” sull’assolutezza della verità, o sono i tempi della “immaginazione al potere” e cioè la vita che inventa se stessa, rompendo i vincoli, senza paure e senza confini).
Così come non è un caso se, in situazioni di crisi, di precarietà, di insicurezza e di paura, come la nostra, (gli esempi storici qui sarebbero molto più numerosi), i comportamenti politici sono in genere orientati verso la ricerca ossessiva, e alla fine sempre frustrata, di padri: e cioè verso la ricerca e la richiesta di protezione (protezionismo), di identità, di salvatori e liberatori dal male e dal “nemico”, di vendicatori, di barriere, di esclusione, di forza, di supremazia, di aggressività, e alla fine di guerra.
Se, in seguito a una rivoluzione culturale e di mentalità, diventerà “naturale” e normale, anche in periodi di crisi, insicurezza e paura, rivolgersi per compiti di potere e di governo, non a padri-uomini, guerrieri e giustizieri, ma a madri-donne, allora potremo dire di essere usciti dalla preistoria della politica…e dell’umanità.