Itaca o il viaggio? Scegliere nel tempo della velocità
Non vi affrettate, gentili lettrici e lettori, a rispondere subito: Itaca eil viaggio! Perché ciò che sembra facilmente assemblabile in un “pacchetto” turistico non lo è, quasi mai, quando urgono le questioni importanti della vita.
Certe volte, come “recitava” Kavafis, bisogna “scegliere” il viaggio, e accontentarsi di esso, godendone, sopportandone anche i timori, pur senza smettere di “avere in mente Itaca”.
Certe volte bisogna decidersi, adesso, per nuove “piccole” possibilità di diventare umani, senza attardarsi a pretendere tutto insieme.
Certe volte bisogna accettare anche di “fare” la veritàun pezzo per volta, o, se si è saggi, di farsi “condurre” da essa, giorno per giorno, piuttosto che pretendere di “contenerla” nella propria bisaccia. Perché, è vero, la vita, ogni giorno, ci ammonisce, inascoltata, che “la verità non è sempre disponibile a essere usata; occorrono le buone maniere dell’anima per maneggiarla senza strapparla, o per gettarla addosso al prossimo senza protezione“, come, in modo suggestivo, scrive l’amica Francesca Frazzoli, nel suo romanzo “Le silenziose vie della Bellezza“.
In realtà, nella nostra esistenza, il più delle volte, siamo chiamati a una “decisione“, più che ad una astratta e interminabile valutazione razionale di ciò che è giusto! E non è un caso se nelle grandi correnti spirituali dell’umanità l’appello alla decisione, “ora”, sembra talora prevalere sull’analisi di ciò che va deciso.
Infatti, ci sono momenti nella vita in cui non è tanto importante fare “le cose giuste”, ma “fare qualcosa” che segni una direzione e un senso. Anche perché, la gran parte di noi umani, quasi mai si trova di fronte all’alternativa giusto/ingiusto, ma piuttosto davanti alla scelta urgente tra: più giusto/meno giusto.
E invece quante volte, nella nostra vita quotidiana, privata o collettiva, ci sorprendiamo a lamentarci, “aspettando godot”, mentre sarebbe più utile cominciare a fare qualcosa, “qualsiasi cosa”? Quante volte, per esempio, ai cittadini che attendono dai loro rappresentanti decisioni concrete, adesso, molti “politici” si attardano a offrire solo l’attesa, sempre da rinviare, della “soluzione migliore“? O, addirittura in ambito religioso, chi non si chiede come mai, di questi tempi, anche l’azione di un Papa intento a richiamare la sua Chiesa all’ essenziale e all’urgenza delle scelte riformatrici, si scontri continuamente con zelanti “custodi” di tradizioni, consuetudini e poteri, occupati a fargli le pulci, proponendo, a gran voce, scelte “piùgiuste”, non si sa bene per “salvare” cosa?
In realtàa voler essere intellettualmente onesti, e questo senza scomodare Popper, bisognerebbe riconoscere che non sempre esiste “la migliore soluzione”a un problema, anzi non sempre “la migliore soluzione” èquella da perseguire!
In primo luogo, perché “la migliore soluzione”, molto spesso, sa troppo di “soluzione definitiva”, “soluzione finale”, assoluta e autoreferenziale, mentre sappiamo che nella nostra vita, privata e politica, abbiamo piuttosto bisogno di poterci correggere, e correggere, confrontandole, le nostre soluzioni! Questo vale nella convivenza politica, ma anche nella vita privata, o di un gruppo, o di una comunità, o di una organizzazione.
In secondo luogo, perché la maggior parte delle nostre decisioni, sono prese in contesti che non ci permettono lunghe analisi delle alternative. Anzi spesso non esiste il tempo per nessuna valutazione, se non quella, quasi automatica e per così dire “in tempo reale“, frutto dell’istinto “umano”, addestrato in millenni di tentativi ed errori, nel confronto con la vita!
E infine, perché ci sono momenti nella storia di una società, di uno stato, di una organizzazione, di una comunità, di un individuo, in cui non è prioritario fare “la” scelta “ottimale”. Ma fare, adesso, “una scelta”. Una “ragionevole” scelta. Ci sono momenti, e quello attuale èuno di essi, in cui è più importante e necessario fare, ora, un passo “oltre”, cambiare qualcosa, dimostrare a sée ad altri che è possibile cambiare qualcosa, piuttosto che cercare “il”cambiamento ottimale. Anzi, certe volte, paradossalmente, (e la storia ci offre molti esempi a questo proposito) è preferibile una “cattiva” soluzione a nessuna soluzione.
In certi momenti, abbiamo soprattutto bisogno di “sapere” che la Storia èancora nelle nostre mani, e che non siamo in balia del “fato”, di un “mostro” che riproduce se stesso senza alternative.