Rovine, archeologi e l'arte del custodire
Ahimè, non dovremmo domandarci, una buona volta, come mai siamo cosìincuriositi, cosìrispettosi, cosìattenti a non fare danni, così carichi di domande e di attese, verso i ruderie le rovine, verso le tracce delle devastazioni del tempo e della storia su edifici e monumenti, mentre, invece siamo tanto incapaci di com-prensione, di rispetto e di com-passione verso i segni e gli sfregiche le devastazioni della vita, i crolli etici e gli smottamenti della personalità, producono sui volti e sulla prassi degli umani?
Come mai siamo così impegnati a custodire ruderi e tracce materiali, spinti, da un lato, dalla riverenza per quello che fu e, dall’altro, dal desiderio e dalla speranza di poter immaginare virtuali ricostruzioni, mentre, di fronte ai frammenti o alle rovine di una vita umana, siamo talmente incapaci di “pietas“, per cui, non solo, rifiutiamo l’idea di una ricostruzione e di un restauro di quella vita, ma, siamo anche divorati tutti, chi più chi meno, dal desiderio di cancellarne, addirittura, ogni traccia residua?
Siamo davvero così incapaci di compassione? Siamo talmente assuefatti al cinismo dei giochi del “sei fuori!” o a quei “war games” in cui tutto si risolve eliminando fisicamente, e facilmente, l’altro? Siamo diventati davvero così ingenui?
A dire il vero, pare proprio che oggi, sia per leaderpolitici che per persone comuni o per adolescenti apparentemente normali, l’aggressione superflua, il dileggio, il disprezzo e l’umiliazione dell’altro, perché “sfigurato”, sia pure colpevolmente, o perché non sovrapponibile ai propri parametri, assumano, quasi, il ruolo di atti di emancipazione, di liberazionee, addirittura, di rigenerazione della società!
L’insulto e il disprezzo elevati – “motu proprio” da sedicenti guardiani di “urgenti imperativi etici” – al “rango” di rivoluzione?
Se così fosse questa nostra umanità non avrebbe molto futuro. Sicuramente non abbiamo bisogno di questo tipo di rivoluzione! Forse sarebbero piùnecessari, invece, tanti “apprendisti” archeologi, esperti, prima di tutto, nell’arte del “custodire” e dell’aver curadi ogni, sia pur minima o deturpata, traccia di esistenza umana, perché nulla vada perduto!
Ormai l’avremmo dovuto capire: nessuno, neppure se “incontaminato“, si salva da solo, su questo piccolo pianeta!