Ho studiato economia e me ne pento
È la confessione e anche il titolo di un libretto di Florence Noiville che andrebbe letto da tutti coloro che sono interessati a guardare un po’ “dietro le quinte” di questa crisi economica, che sta rendendo la vita difficile a molta gente.
L’autrice, che si è formata alla HEC, scuola di alti studi francese, che come gli MBA americani – le business schools – prepara le “élite economiche”, guarda alla crisi da un punto di vista insolito ma indubbiamente importante. Lei è convinta che la crisi, di cui stiamo pagando gli effetti, sia indissociabile dal tipo di formazione ricevuta dalle élite economiche e finanziarie. Per cui occorrerebbe ”interrogarsi sulla parte di responsabilità imputabile, in questo disastro, all’insegnamento delle grandi scuole di finanza” (Ho studiato economia e me ne pento, Bollati Boringhieri, p. 11).
Il modello di formazione sembra tutto incentrato su quello che Florence Noiville chiama il sistema MMPRDC, acronimo che l’autrice ha ricavato dalla cinica espressione rivoltale da dirigenti di una azienda del Minnesota ai quali lei stava presentando i suoi risultati finanziari: “Listen Florence, how can we Make More Profit? The Rest we Don’t Care about”(“Senti Florence, come possiamo aumentare i profitti? Del resto ce ne sbattiamo!”).
È gente formata con quel modello che inventa quella “ingegneria finanziaria” incredibilmente sofisticata, talmente opaca e illeggibile da sfuggire al “controllo” di tutti! Al di là dei disastri che tutto ciò provoca periodicamente, questo tipo di formazione di classi dirigenti non è anche – si chiede la Noiville – “uno spreco formidabile di cervelli?…[Questo tipo di formazione non funziona forse] come un enorme ‘aspiratore di talenti’ che fagocita i migliori per risputare poi – etichettati come la crema dell’economia e della finanza – dirigenti avidi di denaro, relativamente inutili per la società e, in molti casi, privi di scrupoli”?
Si tratta di “suonare l’allarme” su ciò che si impara in quel tipo di scuole, sul modello di economia che ne ispira gli insegnamenti nonché sulla “politica culturale” che sta dietro tutto questo. Che tipo di gente esce da quella formazione? In che misura, si chiede la Noiville, quelli della HEC e simili, hanno contribuito a “questa macchina infernale che produce da una parte dei ‘megaricchi’ e all’altro estremo dei ‘lavoratori poveri’?”. Da una parte, gli “alfa del denaro” e dall’altra “gli omega della miseria”, secondo la profezia di Aldous Huxley! E “che polveriera sociale lasceremmo ai nostri figli”?
Affrontare e superare la crisi è anche una questione di “cultura”, di “politica culturale”, di mentalità e di formazione!
O siamo diventati talmente assuefatti a una società del lucro e così tolleranti verso una minoranza di “squali” che depredano e si accaparrano, indisturbati, risorse e destini umani – da aver esaurito la nostra fantasia e la possibilità di immaginare qualcosa di diverso, un altro mondo e un altro tipo di economia?
4 commenti
Anonimo
Per quanto mi riguarda, faccio sempre più fatica ad accettare la categoria della “crescita” che accomuna schieramenti politici contrapposti (che si differenziano solo per le ricette). Secondo la categoria della “crescita” una società che non produce e non consuma più dell'anno precedente è in recessione. Ma perché “crescere” dovrebbe significare solo più produzione e più consumi e non riferirsi anche a più cultura, più capacità di accettare gli altri, più curiosità, più malattie debellate, più ingiustizie eliminate, più guerre cancellate e così via?
Anonimo
Ci si ricorda ora di un'espressione coniata dall'antropologo Marc Augé, “I nonluoghi”, che non sono le utopie della umana immaginazione, ma gli spazi brulicanti di umanità in movimento, come i centri commerciali, aree di passaggio veloce, funzionali a rincorrere i consumi, territori senza storia, che si somigliano incredibilmente anche se situati in regioni lontanissime. Eppure, se non si è distratti, sui volti della gente si legge il desiderio della relazione. Sarebbe bene chiedersi se non sia proprio la voglia di stare insieme che sospinge tanta umanità verso i nonluoghi. Quei due giovani abbracciati, quell'anziana coppia che passeggia stupita, un po' più in là una frotta ridente di giovani che s'è data appuntamento. Al tavolino di un punto di ristoro un signore solitario ammira l'altrui allegria, e ne fa comunque esperienza. L'orientamento dello sguardo e del cuore trasforma i nonluoghi, ce ne svela l'umanità. Non è credibile la reificazione dell'umano. Avanza sempre un residuo che non si appaga nel consumo delle merci e cerca un'altra felicità. La crisi è un'opportunità straordinaria per una rivoluzione culturale a costo zero e in grado di riprogettare il sistema economico del mondo. È questione di orientamento dello sguardo e del cuore agli “incrocivie” della vita. E anche grazie a questo blog, tutto attraversato dalla speranza, si apprende a “guardare oltre”…“Dum loquimur fugerit invida aetas”! E tuttavia proseguiamo il viaggio, confidando nel cammino.
Anonimo
Ci si ricorda ora di un'espressione coniata dall'antropologo Marc Augé, “I nonluoghi”, che non sono le utopie della umana immaginazione, ma gli spazi brulicanti di umanità in movimento, come i centri commerciali, aree di passaggio veloce, funzionali a rincorrere i consumi, territori senza storia, che si somigliano incredibilmente anche se situati in regioni lontanissime. Eppure, se non si è distratti, sui volti della gente si legge il desiderio della relazione. Sarebbe bene chiedersi se non sia proprio la voglia di stare insieme che sospinge tanta umanità verso i nonluoghi. Quei due giovani abbracciati, quell'anziana coppia che passeggia stupita, un po' più in là una frotta ridente di giovani che s'è data appuntamento. Al tavolino di un punto di ristoro un signore solitario ammira l'altrui allegria, e ne fa comunque esperienza. L'orientamento dello sguardo e del cuore trasforma i nonluoghi, ce ne svela l'umanità. Non è credibile la reificazione dell'umano. Avanza sempre un residuo che non si appaga nel consumo delle merci e cerca un'altra felicità. La crisi è un'opportunità straordinaria per una rivoluzione culturale a costo zero e in grado di riprogettare il sistema economico del mondo. È questione di orientamento dello sguardo e del cuore agli “in-crocivie” della vita. E anche grazie a questo blog, tutto attraversato dalla speranza, si apprende a “guardare oltre”…“Dum loquimur fugerit invida aetas”! E tuttavia proseguiamo il viaggio, confidando nel cammino.
Anonimo
L’ECONOMIA “SMARRITA”Smarrita, nel senso che ha smarrito lo scopo primario, per cui era nata, come materia di studio.Lo scopo “nobile” era quello di aiutare l’Uomo ad emanciparsi dalla fatica fisica, per dedicarsi a riflettere sulla sua condizione di essere umano, di UOMO in tutti i suoi aspetti.All’inizio lo studio dell’organizzazione del Lavoro, L’Economia, è andato a braccetto con la Tecnologia.L’Economia chiedeva, all’altra, i mezzi per affrancare l’Uomo dalla fatica fisica, pur producendo il necessario “quantitativo” e “qualitativo” per la sua sussistenza.Per un certo tempo il “patto” è stato in equilibrio.L’Uomo ha potuto dedicare parte della giornata allo “svago” intellettuale, raggiungendo un benessere,un equilibrio psico-fisico mai raggiunto in precedenza, non solo; ma appannaggio soltanto suo, rispetto agli altri esseri viventi, su questa terra.Ad un certo punto, il “patto” si è rotto; l’Economia non si chiesto più cosa era meglio per l’Uomo; di cosa aveva “veramente” bisogno.A questo punto lo stesso Uomo è diventato “tecnologia”, ingranaggio da sfruttare per ….PRODURRE merci e basta ! (Catena di montaggio, ritmi di lavoro sempre più crescenti etc .etc. ).L’Uomo è “ritornato” a non avere più tempo per se stesso; per riflettere e godere della sua condizione privilegiata nell’Universo: Si è Alienato, si è consegnato a quella Economia, nata per riscattarlo dalla condizione “animalesca”, in cui lo tenevano le originarie condizioni.L’ECONOMIA ha fallito, ad oggi, il suo scopo “nobile” !Mario Rosario Celotto