Il canto di Circe…..Quale cristianesimo? (7)
Un buon prelato della curia romana si lamentava con lo Spirito Santo:”Spirito Santo, io non capisco. Di che avevamo bisogno? Una vita di Gesù (una sola!), una dogmatica, una morale, un rituale, un compendio di diritto canonico, e, per il popolino, il catechismo. Ed ecco quello che ci hai dato: quattro vangeli, e Paolo, e tutti questi libri della Bibbia così disparati!”.
Questo aneddoto (ripreso da Bellet, La quarta ipotesi, Servitium) può essere letto da due angolazioni: la prima evidenzia il carattere strutturalmente “ermeneutico” del messaggio cristiano. Il che significa non solo che quel messaggio può essere interpretato a partire da qualunque tipo di cultura e paradigma culturale, ma anche che il cristianesimo ritiene di conoscere Dio ma pure di non comprenderlo in modo pieno, per cui è consapevole del fatto che non sempre ha qualcosa da dire in suo nome. Un secondo tipo di lettura invece potrebbe guardare a questo aneddoto come a una spia del disagio e del disorientamento delle chiese cristiane di fronte al mondo moderno, al suo pluralismo e alla sua complessità.
È pur vero che questo “spaesamento” si accompagna al venir meno di aspirazioni, evidenze e autorità che sono in gran parte quelle dell’uomo occidentale, ma le chiese cristiane sembrano sperimentare la fine di un mondo. Ci si trova infatti di fronte al consolidarsi di nuovi paradigmi culturali, molto lontani da quelli a cui le chiese sono ancora abituate e in cui sono ambientate: come risulta evidente anche dalla crisi di “pertinenza” e dalla sensazione di estraneità che caratterizzano il linguaggio ecclesiastico. È una situazione, questa, in cui il cristianesimo sembra aver perso il posto che occupava e l’iniziativa, riducendosi spesso a “resistere”, mentre il movimento dell’umanità si verifica altrove.
Nel nostro mondo, infatti, nonostante le apparenze, l’esperienza religiosa non appare più una high experience, un’esperienza forte generalizzata, ma si configura come «esperienza con esperienze»; essa dovrebbe dunque essere capace di inserirsi nel contesto (scambio, dialogo…) delle esperienze umane secolari, come interpretazione possibile delle esperienze umane, come «progetto di ricerca», per la ricerca di senso.
Ma se non si è capaci di questo nuovo posizionamento, scatta la paura, cattiva consigliera; tanto più in una ottica cristiana!
E allora diventano comprensibili indecisioni e sbandamenti. Possono emergere ingenue nostalgie di chiese “forti”, che fanno opinione e dettano le regole. In una situazione ormai “di minoranza”, sembra imporsi, anche ai vertici delle chiese, il ruolo di alcuni movimenti (ruolo condizionante, in un modo o nell’altro, in tutte le chiese) che – non di rado – esprimono il rifiuto della presente condizione di incertezza, fragilità e minoranza, adottando modelli forti, “militanti” e uniformi di cristianesimo. E non a caso essi sono, talora, fattori di intolleranza, arroccamenti, fanatismi, integralismi e discriminazioni.
In una situazione del genere, capita anche che, da parte di gruppi dirigenti ecclesiastici, si tenti la strada dell’ “accreditamento” dei “valori cristiani”, in base alla loro “utilità” alla convivenza civile o alla tenuta sociale (come una forma di “religione civile”). Accettando in tal modo la riduzione del cristianesimo alla dimensione sociologica e la sua trasformazione in puro elemento identitario, quasi di autodifesa e affermazione contro l’esterno, verso tutto ciò che non è “cristiano”. Ottenendo spesso solo l’effetto di sistemare il Gesù della fede, il suo messaggio e i simboli cristiani in una specie di pantheon induista!
E allora si spiega anche come mai questi atteggiamenti, spesso guidati dalla paura, vadano a braccetto con altre paure, emerse nel contesto della globalizzazione e degli epocali cambiamenti di equilibri economici, politici e culturali in corso. Paure che, anche in Italia, possiamo vedere rappresentate, in forme aggressive, populistiche, tribali e spesso cripto-razziste, in nuove e ambigue forze politiche, che si sono alimentate proprio con quelle paure. Sono proprio tali forze politiche e culturali che – pur essendo ispirate da sentimenti, sostanzialmente, anticristiani – esaltano la dimensione sociologica del cristianesimo e della chiesa, oscurando ovviamente quella più specificamente “cristiana” ed evangelica. Tuttavia, capita anche che l’esigenza di quelle forze di usare la fede cristiana come elemento di “aggressione” o di “autodifesa” culturale, si sposi (è già avvenuto altre volte nella storia, con effetti deleteri!) con il desiderio di alcuni ceti ecclesiastici di apparire determinanti socialmente e “utili”. Alla fine, l’attaccamento ai simboli cristiani più che a quello che essi significano, cioè un formalismo dei simboli, diventati solo simboli di identità culturali, va ad assemblarsi con il formalismo delle pratiche religiose di un certo cristianesimo, tradizionalista e integralista. Un tipo di cristianesimo, quest’ultimo, che dall’impatto con la modernità ha ricavato solo meccanismi di difesa e sentimenti di “accerchiamento”, spesso accompagnati da un progressivo, e inevitabile, svuotamento – talora inconsapevole – dei significati più profondi del messaggio cristiano
Si capisce allora perché le posizioni di quelle forze politiche, a cui si è accennato sopra, si sentano coerenti con una visione di cristianesimo e di chiesa tradizionale e tradizionalista, innescando addirittura delle pressioni, delle preferenze e dei condizionamenti ecclesiali, che rischiano di modificare, anche antropologicamente, la comunità dei credenti.
4 commenti
Anonimo
Ma davvero certe autorità (???) ecclesiastiche credono che Dio ha bisogno che a governare vadano quelli che si genuflettono davanti al suo “vicario in terra” (???) e poi fanno strame delle leggi uguali per tutti o lasciano che le crisi economiche arricchiscano i ricchi e impoveriscano i poveri? Davvero credono che Dio abbia paura, tanto per fare un esempio, se le elezioni regionali in Lazio le vince Emma Bonino e che, nell'infinita eternità e alterità della sua sostanza, faccia il tifo per uno dei tanti cloni di Berlusconi? Davvero credono che il mondo di oggi sia in tutto opera del Diavolo? Davvero pensano che sia solo una battuta quell'osservazione di Gesù “Se aveste tanta fede quanta ce n'è in un granello di senape” e che la fede non basta se non ci sono leggi che puntellano le strutture di potere nelle quali quelle autorità intendono esibirsi?
Anonimo
Scusate la mia ingenuità(libertà), ma pensate che siano ancora degni della nostra attenzione,(di discussione), gli pseudo insegnamenti che la gerarchia cattolica romana ci propina quotidianamente,senza alcun pudore. Addirittura cimentandosi,come un partito qualsiasi, nell'attuale fase elettorale,a suggerire, direttamente, chi votare o non?Secondo me, la Chiesa di Gesù ha perso la sua ragion d'essere, la sua “scommessa”, dal momento in cui si è organizzata in gerarchia di “POTERE”,sostituendo al messaggio “SEMPLICE” del suo inizio, con una liturgia sempre più raffinata, nei secoli,fine a se stessa, “vuota”.Allora, non mi meraviglio, se stamattina, al telegiornale, ho visto il cardinale Bagnasco vestito, elegantissimo, con un paio di gemelli,D'ORO MASSICCIO, ai polsi della camicia,come un…. gagà qualsiasi.Ma di quale spiritualità può parlare un ateo come me con questi personaggi che rappresentano , al più l'apice dell'eleganza, non certamente dello Spirito!Mario Rosario Celotto
Anonimo
Quale cristianesimo? forse nei paradigmi culturali odierni abbiamo fame e sete di povertà di spirito. Voglia di andare nudi e scalzi, in ascolto di parole scarne ed incarnate. Parole di vita.Buona Pasqua!
Anonimo
Una valida proposta nata morta (per Chiesa d'oggi)La Chiesa ha già valutato questo tuo “nuovo posizionamento”, osteggiando già a suo tempo la teologia di Schillebeeckx. Lo dico da laico rammaricato della scelta, perchè certe idee mi affascinavano, e penso alla Chiesa del Concilio Vaticano II ed anche alla teoria della Liberazione. Ma ormai sono tempi lontani e oggi la Chiesa sceglie la facile via del servizio pubblico (controllo sociale) da percorrere a braccetto con il potere politico. Ma è bello non dimenticare e …lasciare una fiammella (d'opposizione) accesa.