L'educazione è ancora possibile?
In un tempo in cui si blatera di riforma della scuola e si ha la pretesa di chiamare riforma della scuola un “aggiustamento” e una “razionalizzazione” derivanti da esigenze e calcoli ragionieristici, mi sono ritrovato a rileggere una vecchia – ma attualissima – intervista di Paulo Freire alla Harvard Educational Review (www.harvardeducationalreview.org) , – tradotta in italiano dall’editrice dell’Università di Udine, – in cui sono poste quelle questioni di fondo, la cui soluzione dovrebbe precedere qualunque serio tentativo, di riforma e rinnovamento dei sistemi educativi, degno di questo nome. In altre parole, occorrerebbe chiarire prima quale “idea” di scuola e di educazione si vuole perseguire, e poi passare ad architettare eventuali soluzioni tecniche. Nel caso della proposta di riforma che abbiamo di fronte oggi in Italia, invece, ciò che è venuto “prima” è stato solo un quadro di riferimento fissato dal ministero… dell’economia!
Questo potrebbe essere solo il segno dell’arretratezza culturale e strategica della classe politica italiana se non influisse però – negativamente – anche sul futuro della scuola e della educazione, nonché sulla capacità del “sistema Italia” di stare, da protagonista, nella “società della conoscenza”!
Il quadro sembra proprio di quelli che destinati a indurre senso di impotenza e demotivazione o a rafforzare atteggiamenti rinunciatari, di frustrazione e di sfiducia, in chi è impegnato nei campi dell’educazione in generale o della scuola pubblica. E allora mi è sembrato opportuna riflettere sulla connessione a cui Freire richiama, nella sua intervista, tra la concezione della storia, tipica di noi uomini d’oggi, e il “senso dell’educare”. Egli infatti afferma che “pensare la storia come possibilità significa (anche) riconoscere l’educazione (e il compito educativo) come possibilità. Significa riconoscere che, anche se l’educazione non può fare tutto da sola, può però certo raggiungere (sempre) qualche risultato. La sua forza…sta nella sua debolezza. Una delle nostre sfide come educatori è allora quella di scoprire (anche ora) che cosa sia storicamente possibile, nel senso di poter contribuire alla trasformazione del mondo”!
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7 commenti
Anonimo
Caro autore,mi volto e mi rivedo, mi sembra ieri, nel banco delle elementari. Grembiule bianco e fiocco rosa, intingo la penna nel calamaio, mi macchio le dita tutta tesa nello sforzo di scrivere in bella grafia e senza errori e attenta al bel volto della mia nobilissima maestra. Mi ricordo del rigoglioso giardino che circondava la scuola. Lì, ho imparato a dare i nomi ai fiori. Non solo le rose e le margherite c'erano, ma anche le giunchiglie e le pervinche turchine, le dalie sorridenti, i giacinti azzurrini, i mughetti inebrianti, e le timide mammole. Lì, ho conquistato la mia libertà imparando a leggere. Che stupore quando i miei occhi seppero scorrere il primo libro di fiabe e, come per magia, suscitare un mondo incantato nel quale potevo entrare a piacimento! Lì, ho imparato a compitare i primi pensieri, tutta presa dal cercare le parole più adatte e più belle. Ancora oggi, quando varco la soglia della scuola, mi sembra di entrare in un luogo nobile, dove tutti si danno da fare per dare il meglio di sé. L'estate scorsa ho letto L'Educazione non è finita di Duccio Demetrio, Raffaello Cortina Editore. Di questo libro desidero trascrivere alcuni pensieri delle pagine conclusive a commento del tuo post. E intanto spero che in molti leggano quanto hai scritto e rispondano con la forza dei loro ideali. “L'educazione è speranza. Non accetta lo scoramento totale, sa riconciliarci con il male di vivere; con il desiderio di non entrare inutilmente nelle sue vicissitudini.L'educazione è l'innalzarsi della coscienza oltre se stessa, nella ricerca sempre meravigliata di noi stessi.L'educazione sfida la nostra amarezza, dinanzi all'impossibilità di immaginare diversamente il mondo.L'educazione non è sortilegio; prelude sempre a un rischiararsi nuovo del pensiero. Non sospira per la fine imminente di ogni attesa o per l'allontanarsi di un maestro.L'educazione è sempre un annuncio, un'epifania che non vuole conoscere in anticipo il suo destino.L'educazione ci apre gli occhi, se poco prima erano chiusi sul mondo.L'educazione è varcare le brume del sopore e del languore; è l'apparire, in un giorno inaspettato, di tracce di oscurità in quel che si credeva solare.L'educazione è il sospetto che svela la natura effimera ed evanescente dei miraggi.[…]L'educazione è accorgersi di quanto l'intelletto di ciascuno di noi sia ancora disabitato; di quanto tutto il senno, la saggezza e la sapienza si addensino proprio là dove la solitudine non ci appariva come una terra promessa.L'educazione è la provvista necessaria a divenire finalmente uomini o donne, sospettosi, ma non inaciditi e iracondi, verso le certezze degli altri.L'educazione è la disponibilità ad abbandonare alla deriva ciò che non ci insegna più nulla.L'educazione è accogliere la lontananza, la distanza, la differenza di ciascuno dall'altro: senza più alcuna nostalgia per l'inverosimile fondersi delle cose e degli animi fra loro.[…]L'educazione è abbandonare l'uso della parola, quando questa non sia più bastante e sia giunto il tempo di far narrare, tacitamente, la penna.[…]L'educazione è lo stupore iniziatico per un'emozione che ancora non ci aveva visitato; quando si fa più nitida la coscienza di non poter più intraprendere le strade che avremmo voluto.[…]L'educazione è l'incanto ritrovato, ogni volta dinanzi all'insicurezza, all'imperfezione, alle inquietudini della ragione.L'educazione è la saggezza di comprendere anche quando per lei sia arrivato il momento di lasciarci, accettando, con rammarico, che debba accomiatarsi da noi”.
Anonimo
“L'EDUCAZIONE NON È FINITA”Caro autore,Mi volto e mi rivedo, mi sembra ieri, nel banco delle elementari. Grembiule bianco e fiocco rosa, intingo la penna nel calamaio, mi macchio le dita tutta tesa nello sforzo di scrivere in bella grafia e senza errori e attenta al bel volto della mia nobilissima maestra. Mi ricordo del bel giardino che circondava la scuola. Lì, ho imparato a dare i nomi ai fiori. Non solo le rose e le margherite c'erano, ma anche le giunchiglie e le azzurre pervinche, le dalie sorridenti, i giacinti azzurrini, i mughetti inebrianti, e le timide mammole. Lì, ho conquistato la mia libertà imparando a leggere. Che stupore quando i miei occhi seppero scorrere il primo libro di fiabe e, come per magia, suscitare un mondo incantato nel quale potevo entrare a piacimento! Lì, ho imparato a compitare i primi pensieri, tutta presa dal cercare le parole più adatte e più belle. Ancora oggi, quando varco la soglia della scuola, sento di entrare in un luogo nobile, dove tutti si danno da fare per dare il meglio di sé per cambiare in meglio il mondo. L'estate scorsa ho letto L'Educazione non è finita di Duccio Demetrio, Raffaello Cortina Editore. Di questo libro desidero trascrivere alcuni pensieri delle pagine conclusive a commento del tuo post. E intanto spero che in molti leggano quanto hai scritto e rispondano con la forza dei loro ideali. “L'educazione è “speranza”. Non accetta lo scoramento totale, sa riconciliarci con il male di vivere; con il desiderio di non entrare inutilmente nelle sue vicissitudini.L'educazione è l' “innalzarsi” della coscienza oltre se stessa, nella ricerca sempre meravigliata di noi stessi.L'educazione “sfida” la nostra amarezza, dinanzi all'impossibilità di immaginare diversamente il mondo.L'educazione “non è sortilegio”; prelude sempre a un rischiararsi nuovo del pensiero. Non sospira per la fine imminente di ogni attesa o per l'allontanarsi di un maestro.L'educazione è “sempre un annuncio”, un'epifania che non vuole conoscere in anticipo il suo destino.L'educazione “ci apre gli occhi”, se poco prima erano chiusi sul mondo.L'educazione è “varcare le brume” del sopore e del languore; è l'apparire, in un giorno inaspettato, di tracce di oscurità in quel che si credeva solare.L'educazione è “il sospetto” che svela la natura effimera ed evanescente dei miraggi.[…]L'educazione è “accorgersi” di quanto l'intelletto di ciascuno di noi sia ancora disabitato; di quanto tutto il senno, la saggezza e la sapienza si addensino proprio là dove la solitudine non ci appariva come una terra promessa.L'educazione è la “provvista” necessaria a divenire finalmente uomini o donne, sospettosi, ma non inaciditi e iracondi, verso le certezze degli altri.L'educazione è la “disponibilità” ad abbandonare alla deriva ciò che non ci insegna più nulla.L'educazione è “accogliere la lontananza”, la distanza, la differenza di ciascuno dall'altro: senza più alcuna nostalgia per l'inverosimile fondersi delle cose e degli animi fra loro.[…]L'educazione è “abbandonare l'uso della parola”, quando questa non sia più bastante e sia giunto il tempo di far narrare, tacitamente, la penna.[…]L'educazione è lo “stupore iniziatico” per un'emozione che ancora non ci aveva visitato; quando si fa più nitida la coscienza di non poter più intraprendere le strade che avremmo voluto.[…]L'educazione è l' “incanto ritrovato”, ogni volta dinanzi all'insicurezza, all'imperfezione, alle inquietudini della ragione.L'educazione è la “saggezza” di comprendere anche quando per lei sia arrivato il momento di lasciarci, accettando, con rammarico, che debba accomiatarsi da noi”.
Anonimo
Quasi sempre,quando si parla di educazione, si confonde questa con l'addestramento.Si dibatte, cioè, circa i programmi e gli strumenti più idonei per imparare a fare un lavoro,un mestiere,da qui nasce l'equivoco che non centra il problema:”Che cos'è l'educazione?”,”Perchè…educarsi?”.Per me educarsi significa ricomporre il “puzzle” che siamo noi stessi e rispondere alla domanda:”Chi sono?”, “Che senso ha la vita?”. Come si vede sono domande a cui non basta una vita per rispondere; ma la ricerca della rsposta è la vita stessa,quindi l'educazione non può finire.Mario R. Celotto
Anonimo
L'educazione, Un argomento assai delicato a mio avviso. Bisogna capire se per educazione si intende indottrinamento oppure crescita ed evoluzione della coscienza di noi giovani.Io putroppo, col senno di poi, posso dire che su 10 professori, 8 hanno cercato disperatamente di inculcarci forzatamente dottrine e nozioni per poi dire, dopo i loro ovvi insuccessi, che noi giovani siamo persi, nichilisti e che non ne mangiamo di scuola. Gran parte di torto noi giovani lo abbiamo sicuramente, ma mi chiedo, se per istinto od intuito noi giovani rifiutiamo “quest'educazione” impartita dall'alto dei programmi scolastici ed universitari, ci sarà qualcosa che non va nell'idea di educazione, nel sistema formativo o no?Sono all'Università adesso, e posso dire che tutt'ora 8 professori su 10 cercano disperatamente di indottrinare me ed i miei colleghi. Putroppo vedo che 6 colleghi su 10, “spengono la loro ricerca della verità” ed acquisiscono in toto pensieri e dottrine non veramente loro.L'educazione, intesa come liberazione dal buio del non sapere, del non discernere, a mio avviso è messa in serissimo pericolo e sostanzialmente inefficiente, principalmente per colpa della maggiorparte dei professori anch'essi indottrinati e “spenti”, il resto della frittata, ancora purtroppo, lo facciamo noi giovani…
Anonimo
Caro giovane Mendoza,non so se è peggio “indottrinati” o “spenti”. Provo orrore per entrambe le situazioni. Forse è lo stato di “indottrinato” che porta inevitabilmente allo spegnersi di ogni fiamma della ricerca e della vita stessa. Il sapere è “vissuto”. Ma se tu hai capito questo fa' di te una fiaccola scintillante, incurante del buio che c'è intorno. “Poca favilla gran fiamma seconda”.
Anonimo
L'educazione, come atto intenzionale, garantisce la trasmissione del DNA culturale da una generazione all'altra, dal momento che la cultura (ovvero la visione del mondo di una società) non può trasmettersi per via biologica. Essa, pertanto, è irrinunciabile. Le condizioni in cui questo processo intenzionale si realizza (o, meglio, può realizzarsi) sono decise da chi governa (dalla politica, quindi, che però obbedisce in buona parte alle leggi dell'economia, la quale a sua volta viene sempre più diretta nel mondo globalizzato da una tecnologia che, da mezzo al servizio dell'agire umano, si è trasformata in fine riducendo l'essere umano a suo “funzionario”). Detto così, un po' sinteticamente e affrettatamente, ci troviamo di fronte a provvedimenti sulla scuola che possono e devono essere messi in discussione sotto il profilo della difesa del posto di lavoro e, contestualmente, dell'agibilità della didattica (numero di alunni per classi, numero di ore assegnate alle varie aree disciplinari, risorse umane e finanziarie distribuite alle scuole), ma ancor prima sotto il profilo del “senso” del fare scuola oggi, senso che esplicitamente o implicitamente si annida in ogni provvedimento tecnico. La questione è che fare (o, meglio, che possiamo fare) se non condividiamo il senso che si annida nei provvedimenti tecnici di un determinato governo nei riguardi della scuola. E ancora, in quali “luoghi” e/o “tempi” possiamo recuperare un processo educativo di crescita personale e sociale, se questo processo è ritardato o impedito nella scuola istituzionale?
Anonimo
“Ecco l'insufficienza della nostra educazione: essa ha avuto per fine di farci non buoni e saggi, ma dotti, e ci è riuscita. Non ci ha insegnato a seguire e abbracciare la virtù e la saggezza, ma ce ne ha inculcato la derivazione e l'etimologia. Si domanda sempre di più: “Sa di greco e di latino?” trascurando di chiedere se è diventato migliore o più saggio, ed è quello che resta in secondo piano. […]Bisognerebbe interessarsi di chiedere chi sappia meglio, non chi sappia di più.” (Montaigne)Bisognerebbe chiedersi se ha ancora senso educare quando chi educa lavora solo per riempire la memoria, lasciando vuoti l'intelletto e la coscienza, e chi riceve sembra non desiderare altro che soluzioni immediate e prefabbricate…TommYPpi